Pierangela Diadori
La traduzione: una prospettiva interculturale
Roma, Carocci, 2018- pp 325, Euro 28
Se il titolo di un testo rappresenta «la più breve forma di riassunto possibile» (Di Sabato B., Per tradurre. Teoria e pratica della traduzione, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1993), la scelta di Pierangela Diadori (docente di Linguistica italiana all'Università per stranieri di Siena, dove insegna Teoria e tecnica della traduzione e Didattica dell'italiano a stranieri) per il suo più recente lavoro, Tradurre: una prospettiva interculturale (Carocci editore Studi Superiori, Roma, 2018) ne indica, chiaramente, gli obiettivi: acquisire le competenze linguistico-pragmatiche e culturali necessarie ad ogni traduzione, intesa, da un punto di vista linguistico-antropologico, come luogo dinamico e privilegiato d'incontri, una negoziazione tra le differenze ed un complesso processo di trasformazione. Il termine prospettiva, femminile di prospettivo (dal latino tardo perspectivus), «che assicura la vista», allude, perciò, ad una percezione visiva, ad una rappresentazione, ma anche ad una previsione e ad una possibilità, inscritta nella prassi traduttiva. La prospettiva, inoltre fu il primo tra i metodi usati per la rappresentazione, per così dire, codificato. Essa indicava la pratica per misurare le distanze («la prossemica è, in semiologia, lo studio che l'uomo fa dello spazio, frapponendo distanze fra sé e gli altri, nelle interazioni quotidiane. Distanze che variano da cultura a cultura o da luogo a luogo all'interno della stessa cultura» E. T. Hall, Understanding Cultural Differences: Germans, French and Americans, Intercultural Press, Yarmouth,1990) e le lunghezze inaccessibili tramite un rilevamento indiretto. La traduzione è, pertanto, un'esperienza diretta ed una correlazione tra la lingua di partenza (L1) e quella di arrivo (L2). Ma in questo passaggio la dimensione inter-culturale si rivela particolarmente importante, così come in qualsiasi tipo di traduzione, perfino in quella tecnico-scientifica, afferma Diadori. Ogni testo, infatti, riflette la cultura in cui è stato realizzato. Qui l'Autrice si richiama alla definizione di cultura intesa come «programmazione collettiva della mente». A partire dagli anni '80, Geert Hofstede ha elaborato un nuovo paradigma, introducendo il concetto di dimensioni della cultura. Prima di lui, si parlava di tipologie, un approccio che non permetteva una ricerca empirica precisa e che apriva la strada ad una visione stereotipata delle culture nazionali. Diversamente, una cultura intesa come «programmazione collettiva della mente» implica che essa distingue i membri di un gruppo o di una categoria di persone dagli altri. Definita, metaforicamente, software della mente, la cultura non è innata bensì appresa: essa deriva dal contesto sociale in cui si cresce, soprattutto nei primi anni di vita (Hofstede G., Cultures and Organizations: Software of the Mind, McGraw-Hill, London, 1991). Strutturato in quattro capitoli (I, Bilinguismo, memoria, processi mentali: all'origine dell'abilità traduttiva, II Traduzione/mediazione: i concetti di fondo, III Le teorie sulla traduzione: la dimensione diacronica, IV Questioni di pragmatica culturale), il testo affronta temi che spaziano dal bilinguismo ai relativi correlati neuro-linguistici, dalle riflessioni sull'atto e sulla pratica del tradurre (competenza meta-linguistica e meta-traduttiva) al rapporto tra infanzia e bilinguismo. Molta attenzione è dedicata ad idee e concezioni sulla traduzione in culture diverse (Cina, India e mondo semitico) a confronto con la tradizione occidentale, dall'Antichità classica fino ad oggi, attraverso i Translation Studies, la traduzione automatica e i corpora digitali, fino al costituirsi del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (2001). Ma se bilinguismo, memoria eprocessi culturali si ritrovano all'origine dell'abilità traduttiva, tuttavia, la relazione tra cultura/e e linguaggio (Sapir-Wohrf Hypotesis), «la lingua è espressione di una cultura, di un modo di essere e di pensare» e la dimensione diacronica rappresentano gli elementi fondamentali per affrontare qualsiasi questione di pragmatica inter-culturale. Questa si occupa di studiare i fenomeni della lingua in contesto (ingl. pragmatics, cfr. gr. pragmatikòs 'relativo ai fatti'«La dimensione pragmatica dell'analisi linguistica riguarda quegli aspetti che concernono l'azione indotta dall'uso del linguaggio. Più precisamente, l'analisi pragmatica studia il parlare in quanto forma di agire linguistico all'interno di una data situazione comunicativa e sociale. In tal senso, si può definire anche come un tentativo di esplicitare una delle condizioni della comunicazione linguistica. [...] Oggetto dell'analisi sono le modalità dell'interazione comunicativa e le condizioni della buona riuscita di un atto linguistico», Beccaria G. L. Dizionario di linguistica e di filologia, metrica, retorica, Einaudi, Torino, 1994), ma in riferimento alla comunicazione fra persone di lingua e cultura diversa («approche communicative»): è quindi una disciplina fondamentale per l'abilità del traduttore. Tradurre, significa mettere a confronto e in contatto culture diverse, situazioni diverse che non sempre possono essere "semplicemente" trasferite da una lingua all'altra. Il volume, infatti, si concentra sulla dimensione linguistico-pragmatica della traduzione, sull'esperienza della traduzione inter-semiotica e, più in generale, su quella inter-culturale relativa all'attività traduttiva. Gli aspetti affrontati sono quelli semiotici, antropologici, socio-linguistici, psico-linguistici, interazionali e culturali. Il testo, inoltre, propone alcune attività linguistico-pragmatiche da svolgere tra parlanti di lingue diverse. Il IV ed ultimo capitolo risulta, pertanto, il più denso. L'interlocutore privilegiato sarà, perciò, il lettore plurilingue, precisa l'Autrice nell'Introduzione e l'obiettivo del testo si conferma, professionalizzante, concepito cioè per studenti e operatori del settore linguistico-traduttivo, impegnati a rispondere alle esigenzedi una società sempre più complessa, interessata e coinvolta nel fenomeno migratorio. Ricchissima la bibliografia, in cui non mancano i classici del pensiero linguistico internazionale: Sapir, Bloomfield, Chomski, Goffmann, Hjelmslev, Lakoff, Levinson, Lotman, Meschonnic, Mounin. Nel panorama italiano, spiccano: De Mauro, Eco, Balboni, Fabbro, Bettoni, Bazzanella, Moro, Sobrero, Sbisà, Cortelazzo-Zolli.
(Scheda di Emilia Martinelli)