Università degli studi di Napoli Federico II

Recensione libro "La comunicazione interculturale" - di Paolo E. Balboni e Fabio Caon

copertina libro sociologia

La comunicazione interculturale 
Paolo E. Balboni e Fabio Caon
Venezia, Marsilio Elementi 2015 - 170 pp,  8,41 €

Il volume La comunicazione interculturale nasce dalla collaborazione fra il Centro di Ricerca sulla Didattica delle Lingue dell'Università Ca' Foscari di Venezia e il Laboratorio di Comunicazione Interculturale e Didattica, LabCom dello stesso Ateneo.
Il concetto di Competenza Comunicativa, elaborata dall'antropologo e sociolinguista statunitense Dell Hymes negli anni Sessanta, viene ripreso nell'approccio comunicativo, e si evolve in epoca recente nella Competenza Comunicativa Interculturale (in seguito CCI): Balboni e Caon offrono proprio un modello di CCI, che integra la padronanza delle competenze relazionali, il possesso delle abilità fondamentali (lettura, scrittura, ascolto, parlato, interazione) e la capacità di 'fare lingua'; l'equilibrio di queste componenti permette all'apprendente di agire efficacemente in eventi comunicativi interculturali, ovvero in situazione che prevedono l'interazione non solo fra parlanti di lingue diverse, ma fra membri attivi e consapevoli di diverse culture.
Cardine di questo lavoro, l'interculturalità è un atteggiamento costante e positivamente critico nei confronti della diversità, una capacità di riconoscere in essa una ricchezza alla quale fare ricorso nella propria esperienza di cittadini di società plurilingue. A differenza della competenza linguistico-comunicativa, però, la CCI non è del tutto insegnabile o misurabile, ma piuttosto una sensibilità che l'apprendente di una L2 deve affinare con l'aiuto di una guida: il docente può, difatti, formare gli studenti in modo che sperimentino un approccio positivo, aperto e disponibile ai fattori culturali più disparati.A questo scopo il docente orienta i discenti nell'osservazione acritica dei fenomeni socioculturali, propone, sotto forma di input, le diverse declinazioni nel mondo di uno stesso modello culturale, così che si abituino ad una valutazione priva di ogni forma di pregiudizio.
Entrando nel vivo del libro, gli studiosi affrontano i problemi interculturali che possono nascere nella comunicazione fra persone di diversa origine e li classifica in: 1) problemi linguistici o extralinguistici, legati alla lingua, ai gesti, al corpo, agli oggetti; 2) problemi puramente culturali. Infine, suggeriscono la migliore prospettiva nell'interpretazione dei fenomeni culturali altrui, approfondendo e illustrando le più importanti abilità relazionali. Ciò che contraddistingue nettamente questo breve e agile volume è la presenza massiccia di esempi e situazioni concrete, di problematiche ricorsive e tipiche dello scontro-incontro fra culture differenti.
Fra i problemi di natura linguistica/extralinguistica si può citare senza dubbio il suono, il ritmo e tutto quanto concerne la voce: in Europa settentrionale e in Oriente, un tono della voce "all'italiana" è interpretato come un'aggressione. Notevole è inoltre la differenza nella gestione dei turni del parlato: in Oriente non è socialmente accettabile alcuna forma di interruzione o sovrapposizione degli scambi del parlato, ritenute una profonda mancanza di rispetto nei confronti dell'interlocutore. Per citare punti critici puramente linguistici, nell'arabo non è ammesso l'uso del futuro, in quanto il futuro è nelle mani di Dio; in Cina e in molti paesi orientali non è ben accetta una risposta negativa, dunque si creano fraintendimenti a causa della reticenza degli orientali a negare qualcosa in maniera equivocabile.
Profonde differenze si riscontrano poi nella testualità: il testo anglosassone spezza il discorso in mini-fasi, quello latino abbonda di subordinazioni, il testo arabo procede per costruzioni parallele e continue riprese, mentre quello orientale arriva al nocciolo della questione solo dopo approssimazioni (testo a spirale). Una lunga serie di tensioni possono generarsi nella gestione degli allocutivi (tu/Lei, tu/Vous, du/Sie, tu/Usted, you/you). Si passano in rassegna altri punti delicati del contatto interculturale: distanza fra gli interlocutori, minima in zone dell'Africa e massima in Oriente, gestione differente dei rumori e fluidi corporei. La disamina delle criticità linguistiche continua con le più frequenti mosse comunicative, come attaccare/difendersi, costruire e incoraggiare, ordinare/proporre, accettare/rifiutare, ironizzare, interrompere, giustificare/lamentare: ad ogni latitudine del nostro mondo corrisponde una differente quanto delicata interpretazione di tali pilastri del linguaggio verbale umano.
La seconda parte del volume si concentra sui problemi di comunicazione dovuti a valori culturali, che spesso contrappongono in modo netto e inconciliabile parlanti di diversa cultura d'origine. Il concetto di tempo rende famosi gli italiani in tutto il mondo, sia che ci riferisca alla puntualità, rigorosa in buona parte del mondo, sia in merito a scalette e ordini del giorno negli incontri di lavoro. Interessante è l'approfondimento sull'orrore del tempo vuoto: le culture anglosassoni si impegnano intensamente nello "small talk", ossia chiacchiere di poco conto su temi non rilevanti per evitare ogni forma di silenzio imbarazzante. Altra zona sensibile è il politically correct, che, secondo lo studioso, «si è trasformato in un'ipercorrettezza talvolta grottesca»: rientrano in questo ambito tematiche come le differenze di genere, l'orientamento sessuale, il colore della pelle, la disabilità, le professioni.
Balboni e Caon si soffermano anche sulle differenti 'grammatiche' dei discorsi nelle varie culture e tutti gli impliciti culturali che coinvolgono il passaggio da formale a informale (abbastanza rapido in italiano, estremamente rigido per le culture francofone, più orientato all'informalità nello spagnolo ), la presa di parola, la chiusura di una telefonata, la gestione delle pause, il modo di evidenziare il ruolo sociale, le diverse declinazioni dei pasti.
Quali sono, dunque, i requisiti per una efficace, rispettosa e attenta comunicazione interculturale? Bisogna, innanzitutto, abbandonare una prospettiva etnocentrica, ossia allontanarsi dall'idea che la nostra cultura sia quella dominante, superiore, qualitativamente migliore, in modo da evitare stereotipi e pregiudizi. Una volta liberato il campo, occorre sviluppare le abilità relazionali: saper osservare e relativizzare tutti i fenomeni culturali e intanto sospendere il giudizio se non si possiedono ancora gli strumenti adatti per poter sapientemente valutare. È necessario, inoltre, sviluppare un ascolto attivo che ci permetta di interpretare correttamente azioni che a noi possono sembrare irritanti, mentre per un altro interlocutore rientrano nel novero di una serena comunicazione. In un periodo di grande fermento politico, il docente veneziano suggerisce due capacità quanto mai fondamentali del cittadino interculturale: empatia, ossia la capacità di partecipare attivamente all'emotività dell'interlocutore; ed exotopia, la facoltà di riconoscerci diversi dagli altri e al contempo di riconoscere e comprendere la diversità.


  

(Scheda di Simone Cavallo)